lunedì 16 ottobre 2017

SCUOLA DI TEATRO

diretta da alessandro berti


La scuola di teatro diretta da Alessandro Berti a Casavuota è un corso annuale che si svolge in due momenti settimanali (uno al mattino, l'altro alla sera). Le lezioni del mattino riguardano il corpo, la preparazione fisica preverbale, quelle della sera il rapporto col testo. Nel corso dei mesi, il lavoro avvicinerà questi due ambiti apparentemente opposti, tentando quell'esperienza espressiva complessa che chiamiamo 'teatro'. I due corsi si svolgono durante la stagione 2017-18 a Casavuota, via San Felice, Bologna. E' possibile partecipare a entrambi i percorsi o ad uno solo. E' possibile entrare in qualsiasi momento dell'anno. 
Informazioni e iscrizioni: associazionecasavuota@gmail.com, tel. 3384285847

PRIMA DELLA PRIMA PAROLA
corso di teatro fisico
Ogni martedì mattina, dalle 10 alle 12

Il lavoro verte sul corpo del performer, sugli elementi volontari di drammaturgia fisica dell'attore: lo spostamento di parte del peso corporeo come narrazione, la struttura ossea come guida del movimento, l'uso e il significato dello sguardo, il ritmo irregolare delle azioni come linguaggio preverbale, la recitazione silenziosa come azione 'a corpo intero', l'azzeramento delle azioni periferiche come propedeutica a quest'azione, la centralità degli arti inferiori nell'efficacia del gesto. Seguendo queste e altre linee di lavoro, ci prepareremo all'esordire della parola, osservando come anche solo la possibilità paventata di questo esordio alla verbalizzazione tenda a minacciare il lavoro fisico fatto fino a quel momento. Lavoreremo a che questo non accada, favorendo l'integrazione tra espressione fisica e espressione verbale.

INTERPRETAZIONE DEL TESTO
corso di lavoro a tavolino
Ogni giovedì sera, dalle 20 alle 22

Il lavoro verte sul rapporto del performer col testo da leggere, recitare, interpretare, sul processo di comprensione (analisi delle specificità stilistiche, dalla struttura ritmica della frase all'uso del singolo vocabolo; analisi della punteggiatura) e successiva interpretazione (scelta o necessità di timbro e tono della voce; osservazione e correzione dei salti tonali involontari; osservazione e confronto tra tonalità quotidiana e tonalità presunta teatrale; osservazione e correzione delle contrazioni osteo-muscolari in area fonatoria; rievocazione dello stato interiore del personaggio; identità e distanza tra personaggio e interprete; attenzione al respiro come alleato nell'interpretazione). Seguendo queste e altre linee di lavoro, cercheremo di ridurre la distanza tra noi e il testo, trovando una via che sarà, contemporaneamente, tecnicamente stabile e interpretativamente personale.


SCHOOL OF THEATRE

The School of Theatre directed by Alessandro Berti at Casavuota, Bologna, Italy, is an annual course occuring two days a week. Tuesday-morning lessons concern body, the pre-verbal physical preparation. Thursday-eve lessons concern the confrontation with a written text. Over the months, the work will put in contact these two appearently opposite fields, trying that complex experience we're used to call theatre. The courses take place during 2017-2018 season at Casavuota, via San Felice 39, Bologna. It is possible to take part in both paths or in just one. It is possible to enter at any time of the year. Informations and registrations: associazionecasavuota@gmail.com, tel. 3384285847

BEFORE THE FIRST WORD
a course of physical theatre

Tuesday morning: 10-12
The work focuses on the performer's body, on the deliberate elements of physical dramaturgy of the actor/actress: light shifts within body-weight as a primal narration; bone-structure as guide of the movement; use and meaning of gaze; irregular rhythm of actions as pre-verbal language; silent acting as a 'whole-body' action; zeroing of peripheral actions as preparation for this action; centrality of lower limb in the forcefulness of gesture. Following these and other lines of work, we will prepare for word's onset, observing how this just mentally contemplated possibility threatens the physical work done so far. We'll work to avoid this, enhancing integration between physical and verbal expressions.

INTERPRETING / PERFORMING A TEXT
a course of theatre deskwork

Thursday evening: 20-22
The work focuses on the performer's relationship with the text to read, act, perform and on the process of understanding (analysis of style-specificities, from the rythmical structure of sentences to the use of the single word; analysis of punctuation) and performing (choice or necessity of timbre and tone; monitoring and correcting unintentional tonal leaps; observing and confronting daily-life tone and presumed theatrical tone; observing and correcting muscular contractions in the voice-box area; reenactment of the character's internal state; identity and distance between actor/ess and character; attention to breath as an ally in the performance). Following these and other lines of work, we will try to reduce the distance between the text and us, finding a way which can be both technically stable and personal.

martedì 26 settembre 2017

Resistere nella città dei taglieri

Testo pubblicato da Alessandro Berti su Facebook il 14 agosto 2017, a pochi giorni dallo sgombero del Centro Sociale Labàs.

La questione dello sgombero del Labas è importante anche per il luogo fisico, via Orfeo, nel cuore di un quartiere del centro di Bologna, forse il quartiere più bello del centro, dove l'esperienza ha preso corpo. Che centro storico vogliamo? Io, a Casavuota, il mio piccolo atelier teatrale in via San Felice, pago un affitto. Non è una notazione polemica: è un atelier di un artista, è giusto che io paghi. La questione semmai potrebbe essere: perché sembra non esserci alternativa a occupare (spazi adatti al tuo progetto che mai ti darebbero in affitto) o pagare (spazi meno adatti ma che puoi permetterti)? Naturalmente ci sarebbe l'anticamera istituzionale, la tristezza delle libere forme associative e delle loro stanzette, e allora bisognerebbe toccare qui il tema delle convenzioni, dei criteri e del sistema di relazioni che ci sta dietro, del grigiore burocratico e delle mafiette, della trasformazione di artisti in funzionari ecc., ma lasciamo perdere per ora, diciamo solo: pagare e occupare sono i due sistemi che permettono a un'iniziativa culturale tempi e modi di impresa più veloci e informali di quelli italiani, diciamo: più europei.
Dunque: io (che sono troppo solitario per metter su un gruppo di occupanti) pago un affitto per fare cultura in una strada del centro che per il resto oggi è fatta di negozietti di abbigliamento chic (eccezioni: la Libreria delle Donne, il circolo dei tramvieri, la palestra della Fortitudo). Di umanità in verità ce n'è ancora, tra vetrina e vetrina: l'homeless storico che legge La Repubblica, qua sotto, che Minniti non è riuscito ancora a scacciare, qualche antico tossico, alcuni salvatori di gatti e piccioni, che danno briciole e scatolette ecc. Tutte figure che squalificano esteticamente la via e la qualificano umanamente. Poi ci sono i miei vicini: otto rifugiati africani e uno studio legale. E un'accozzaglia del genere, va detto, in un condominio piccolo, di tre appartamenti (un atelier teatrale, tre avvocatesse borghesi e otto neri appena sbarcati) la potevano tentare solo dei cattolici, forse sferzati da questo nuovo vescovo, e infatti la proprietà è ecclesiastica. Tornando alla via, alcune botteghe alimentari stanno chiudendo, altre resistendo, botteghe artigianali, che vendono prodotti del sud buoni a un prezzo normale e che però sono in crisi. Mentre aprono le piccole InCoop, PamLocal e CarrefourExpress un po' dappertutto, cioè piccoli supermercati da turisti. E per le cose un po' radical chic (cioè di un qualche sapore, anche se sempre meno, a un prezzo decente, anche se sempre meno) c'è Eataly, Mercato di Mezzo e Mercato delle Erbe. Ecco, questa è una geografia del consumo alimentare, ad esempio, già tipicamente da città turistica, pur in salsa neo-cooperativa. Per una disanima di che cos'è, compiutamente, una città turistica, allego quest'anteprima del nuovo libro di Marco D'Eramo, molto istruttiva. Secondo me, a Bologna, bisognerebbe combattere per un futuro diverso. La difesa, e la rinascita, di posti come Labas o XM24, alternativi, informali, conviviali dal basso, politicamente spurii (la loro forza rimane quella: un'imprendibilità anche loro malgrado, data dalla folla di persone che li ha riconosciuti come preziosi anche al di là delle etichette politiche) entra in questa battaglia contro la messinscena turistica che ci aspetta.
https://www.che-fare.com/marco-deramo-la-citta-turistica-c…/


RESISTING IN THE CITY OF TRENCHERS

Statement published by Alessandro Berti on Facebook on august 2017, 14th, a few days after the  eviction of Labas Social Centre.

The issue of the clearing out of the LABAS social centre in Bologna is important for many reasons and one of them is the place where this experience has started and developed over the years: via Orfeo, in the heart of a neighbourhood in the very centre of Bologna, perhaps the finest area in the city centre. What kind of city-centre do we want? In Casavuota, my little art-atelier in via San Felice, another street in the centre, I pay a rent. It's not a critical note: it is an artist's atelier, it is normal to pay. The question could be another: why there seems to be no alternative between occupying (places suitable for your project that the owners would never lease to you) or paying (less suitable places you can afford)? Of course there could be other options: the institutional anteroom, the sadness of the Libere Forme Associative (the list of associations of Bologna) and their little rooms, but here we should talk about the agreements, the criteria and the peculiar kind of relationships behind all this, the burocratic greyness and little mafias, the transformation of artists into officials etc. but let go for the moment and just say: to pay or to occupy are the two methods that enable a local cultural venture to be faster and more informal than an average one in Italy, let's say: more european-like. So, since I'm too much a loner to put on a group of squatters, I pay a rent to promote culture in a street invaded by little, chic fashion shops (exceptions: the Women Bookshop, the Bus Drivers Circle, The Fortitudo Gym). Some humanity's left, though, between a shopwindow and the other: the historic homeless Stefano, reading La Repubblica, sitting all day long on the pavement under the Portico, like a Buddha the minister Minniti was not able to chase away yet; some ancient drug-addicts; some saviours of cats and birds, spreading breadcrumbs, opening cans etc. All figures that discredit the street in esthetical terms and distinguish it in human terms. And then there are my neighboroughs, properly: eight african refugees and a lawyer's office. Such a patchwork, one must admit, in a little condo, just three flats (an art atelier, three middle-class young lawyers, eight just-got-off-the-boat black guys), well, it's something only catholics could attempt, probably forced by this new Bishop, anyway: the whole property is owned by the local Church. About the street, again: some grocery shops are going to shut down, some others are resisting, all these shops sell artisanal products from the south of Italy at a normal price, yet they are in crisis. Meanwhile a lot of little Coop, Pam and Carrefour are opening everywhere in the centre: little supermarkets for tourists. And for something more radical-chic (that is: with some taste, though less and less, at a decent price, though less and less) there is Eataly, Mercato di Mezzo and Mercato delle Erbe.
Here it is: a map of food consumption already typical of a tourist town, though in neo-cooperative sauce. I think we should fight for a different future for Bologna. The defense, and rebirth, of places like Labas or XM24 (alternative, informal, convivial, politically spurious spaces) is part of this battle against the touristic setup to come.

To have an idea of what living in a tourist town means, here's a preview of the new book by Marco D'Eramo: https://www.che-fare.com/marco-deramo-la-citta-turistica-c…/

domenica 29 gennaio 2017

Casavuota, un atelier teatrale a Bologna

Chi è che apre un teatro, uno spazio privato culturale a basso impatto commerciale, oggi, qui? Un pazzo. Ma CASAVUOTA non è un teatro. E' una casa, appunto. Vuota, quasi vuota. Nel centro di Bologna. Con una sala abbastanza grande per farci spettacolo. Per pochi. E una cucina, come in tutte le case. Non che si unisca la cena al teatro: vincerebbe la cena, perché qua vince sempre la pancia. No. Solo questo: dopo lo spettacolo, per chi vuole, ci si può fermare, stare un po' assieme senza andarcene in giro per il Divertimentificio bolognese a cercare un locale abbastanza silenzioso per scambiarci qualche battuta. Chi viene è invitato a portare qualcosa da condividere, da mangiare o da bere. Ma perché mi son messo a parlare anch'io di cibo? Parliamo di teatro.
Allora, questo: nessuno mi dava più un posto dove provare. Cioè: me lo davano ma coi se e coi ma. Io son sempre stato abituato bene: lo volevo senza se e senza ma. Poi han cominciato a chiedermi dei soldi. Mai successo in vent'anni. Così ho deciso di prendere un posto io, pagato da me, dove posso provare i miei spettacoli e invitare chi voglio. Ahi ahi: anche tu hai finito per rassegnarti all'orticello. No. Niente business, niente casa di charme, niente posti generici tipo Berlino o Kobenhaven, niente circoli radical chic, niente vintage, niente di niente: una casa sfigata in una zona sopravvalutata di una città sopravvalutata. Casavuota, città vuota: siamo all'inizio, bisogna ripartire dai fondamentali.
Resisterò col mio teatro morale? Resisterò a dire cose importanti senza fare la predica? O mi aspetta una vecchiaia dadaista? Allora, dicevamo: i fondamentali. Prima di tutto un invito: gente, uscite di casa, per l'amor di Dio, uscite di casa. Ma non per andare a far compere ai Tdays, uscite per andare in altre case, uscite per vedere il sottobosco, la tristezza delle case, delle cucine: c'è ancora qualche pezzo di realtà, col suo sapore, la sua bruttezza povera, anche qua? O i poveri sono condannati a nascondersi? Bisogna che ci inventiamo delle strategie per rimanere, o tornare, o arrivare per la prima volta, a contatto più ruvido con le cose. Il piccolo condominio di Casavuota, in via San Felice 39, a Bologna, è così composto: al piano primo uno studio legale di avvocatesse molto alla mano e nell'appartamento accanto sei ragazzi gambiani rifugiati, al piano secondo e ultimo: il nostro atelier teatrale. Accanto a noi: la chiesa senza tetto di San Martino e Felice, un angolo di Palermo nell'ordinata Bologna, uno dei pochi luoghi del centro ancora non trasformati in superstore. Unico neo: Stefano, il ragazzo che viveva in strada qua sotto, è scomparso da qualche settimana, che fine ha fatto? Speriamo non sia colpa del decreto sul decoro del ministro Minniti. 
Prossimo appuntamento: per festeggiare il ricordo della Liberazione di Bologna dal Nazifascismo (21 aprile 1945), presentiamo lo spettacolo UN CRISTIANO di Alessandro Berti e i libri EDUCATI ALLA GUERRA di Gianluca Gabrielli (Ombre Corte, 2016) e LA CHIESA E LA MEMORIA DIVISA DEL '900 a cura di Alessandra Deoriti (Pendragon 2016). Vi aspettiamo a Casavuota, via San Felice 39, Bologna, 21-22 aprile 2017 ore 21.

CASAVUOTA. A THEATRE STUDIO IN BOLOGNA

Who's the crazy guy opening a theatre, a private, cultural, non-commercial place, today, and here? Casavuota is not a theatre, anyway. It's a house. Empty, almost. In the centre of Bologna. With a living room big enough to make performances in it. For a little audience. And a kitchen, as in every house. We don't really combine dinner and theatre: dinner would win, belly always wins here. No. Just this: after the performance, for those who want to, we can stop here together some time, without going all over the Bolonese Entertainment Factory in search of a place quiet enough to allow a little talk. Those who come are invited to bring something to share, to eat or drink. But why have I started to talk about food, me too? Let's talk about theatre. So: I couldn't find a place to rehearse anymore, not in town. Better: I could but there were always more ifs and buts. I've always been kind of spoiled, you know, I don't like ifs and buts. Then they started to ask me for money, never happened in twenty years. So I decided to take a place myself, paid by me, where to rehearse my performances and invite who I want to invite. Ahi ahi: you've endend up resigning your own garden. No. No business here, no charming house, no vague places like Berlin or Kobenhaven, no radical chic circles, no vintage, nothing like that. Just an uncool house in an overrated area of an overrated city. Casavuota: empty house, empty city. We're at the beginning, we've to re-start from the basics. Will I resist? I mean, with my kind of moral theatre? Or a dadaist senility is awaiting? Anyway, we were saying: the basics. First of all an invitation: get out of your houses, for God's sake, get out of'em! Not just to go shopping during Tdays, get out and enter other houses, see the underworld, the sadness of the houses, of kitchens: is there still some slice of reality left, with its taste, its poor ugliness, here too? Are the poor condemned to hide? We need to invent some strategies to remain, or come back, or get for the first time, to a rougher contact with things. The little Casavuota condo, via San Felice 39, Bologna, is so composed: on the first floor a law office with very easygoing, a little dorky lawyers, and beside them eight young refugees from Gambia and Nigeria, on the second and last floor our theatre-studio. Beside the condo: the old roofless San Martino and Felice Church, a corner of Palermo in the neat Bologna, one of the few ancient places in town not yet transformed in superstore. Future events in Casavuota: to celebrate the Liberation of Bologna from Nazi-fascism (1945, april 21st), we present the performance UN CRISTIANO by A. Berti and the books EDUCATI ALLA GUERRA by G. Gabrielli (Ombre corte 2016) and LA CHIESA E LA MEMORIA DIVISA DEL '900 BY A. Deoriti (Pendragon 2016), 2017, april 21st and 22nd, h 21.

Call Caterina to book, as usual (3355761197). Bring something to share, if u like.